1.6.16

Nuvole barocche

Cioran, uomo di grande lucidità, diceva che la vita, più che una corsa verso la morte, è una disperata fuga dalla nascita.
Quando veniamo al mondo affrontiamo una sofferenza e un disagio che ci portiamo avanti tutta la vita, quelli di un passaggio traumatico da una situazione conosciuta all'ignoto.
Questo è il primo grande disagio. Il secondo, non meno traumatico, è quando ci rendiamo conto che dovremo morire. Per me questa spaventosa consapevolezza è arrivata verso i quattro anni.
L'uomo diventa "grande", diventa spirituale o altro, quando riesce a superare questi disagi senza ignorarli.
Ora, se a essi si aggiunge anche l'esercizio della solitudine, ecco che allora forse, a differenza di altri che vivono protetti dal branco, alla fine della tua vita riesci a "consegnare alla morte una goccia di splendore", come recita quel grande poeta colombiano che è Alvaro Metis.
Se ti opponi, se ti rifiuti di attraversare e superare questi disagi, per sopravvivere ti organizzi affinché siano gli altri a occuparsene e deleghi.
Questa rinuncia ti toglie dignità, ti toglie la vita.
Credo che l'uomo, per salvarsi, debba sperimentare l'angoscia della solitudine e dell'emarginazione. La solitudine, come scelta o come costrizione, è un aiuto: ti obbliga a crescere.
Questa è la salvezza.

Fabrizio De Andrè

6.5.16

Abbi cu(ltu)ra di te

"Nel corso della mia vita ho fatto in tempo ad assistere a tre fatti socialmente importanti: la decadenza della ‘villeggiatura’ un significativo calo nel consumo del vino e nello smercio di quel prodotto letterario che nei tempi moderni s'è chiamato romanzo".
Era il 1949 quando Montale diagnosticava al mondo occidentale la patologia della fretta, indovinando, dalle sue prime avvisaglie, il terrorismo del tempo sulla vita umana. Per chiunque patisca con angoscia la religione della corsa e della produttività inesausta, la lettura è miraggio di salvezza e peccato mortale.
Chi si sognerebbe mai di infilare nelle liste minacciose attaccate al frigo, tra l'estetista e il commercialista, qualcosa come: “leggere finché non mi germoglino dentro un paio di domande giuste o perlomeno finché l'anima non sia sazia”? La tirannia del tempo vieta di posarsi, gestisce tutto con furia e distrazione, nega ogni possibilità di riflessione, di critica, anche di noia, il continuo rimescolamento impedisce la sedimentazione. Ed è anche per questo, forse, che il tempo della lettura è un tempo strappato, rivendicato, il tempo di una rivolta. È contrapporre all'andare avanti un andare a fondo, vincere il terrore di fermarsi, rinunciare al tempo per riempirlo, dilatarlo, riguadagnarlo con gli interessi. È recitare piano, contro un falso dio, una preghiera eversiva e seducente: abbi cultura di me.

Chiara De Nardi

29.3.16

La carta che frulla

Dopo troppe assenze da queste rive, una riflessione.
Cosa è cambiato, in tanti di noi?
Quei noi che si svegliavano in ore antelucane per avere tra le mani il quotidiano o la rivista fedele compagnia di viaggio.
Quei noi che arrivati nella località di villeggiatura chiedevano dove fosse l'edicola più vicina.
Quei noi che rischiavano multe, appellandosi alla autocertficazione delle quattro frecce, pur di non restare senza la propria carta stampata.
Quei noi che, se gli edicolanti dicevano "mi dispiace, esaurito" , era come ricevere una bastonata in pieno petto.
Ma oramai, con l' avvento del WorldWideWeb, nessuno ha più interesse nell'investire l'euroecinquanta per un giornale stampato al lunedì e acquistato il martedì.
 
Perché acquistare un formato cartaceo aggiornato a 48 ore prima?
 
Molto spesso, all' arrivo in edicola le notizie sono già scadute o già lette su internet direttamente dal proprio dispositivo.
Chiaramente molte riviste specializzate [tra cui quella che si occupa delle quattro ruote, di cui ancora fedele lettore per una questione di abitudine e di anzianità], hanno pochi introiti e poco stimolo nell' elaborare notizie che si diffondono comunque in modo virale e gratuito sulla rete.

E questo è il punto cruciale: il "www", segnando il declino oramai irreversibile della carta stampata, cioé di libri e giornali, rende indisponibili contenuti piú approfonditi ed analitici su cui soffermarsi.
La conseguenza, sotto gli occhi di ciascuno, é la perdita progressiva della capacitá analitica, della forza del ragionamento, dell'attitudine a confrontarsi con la complessitá, grande o piccola che sia.
Insomma, per usare un termine terra-terra, assistiamo ad una  collettivizzazione del rimbecillimento che, in alcuni casi isolati   - penso anche ai successi di certi "politicanti", o di  certi cantantuncoli da [a malapena] qualche spicciolo in locali di infimo ordine- assume contorni di cretineria drammatica.

Con tutte le conseguenze del caso.

28.1.16

La prevalenza del cretino

«È stato grazie al progresso che il contenibile “stolto” dell’antichità si è tramutato nel prevalente cretino contemporaneo, personaggio a mortalità bassissima la cui forza è dunque in primo luogo brutalmente numerica; ma una società ch’egli si compiace di chiamare “molto complessa” gli ha aperto infiniti interstizi, crepe, fessure orizzontali e verticali, a destra come a sinistra, gli ha procurato innumerevoli poltrone, sedie, sgabelli, telefoni, gli ha messo a disposizione clamorose tribune, inaudite moltitudini di seguaci e molto denaro. Gli ha insomma moltiplicato prodigiosamente le occasioni per agire, intervenire, parlare, esprimersi, manifestarsi, in una parola (a lui cara) per “realizzarsi”.
Sconfiggerlo è ovviamente impossibile. Odiarlo è inutile. Dileggio, sarcasmo, ironia non scalfiscono le sue cotte d’inconsapevolezza, le sue impavide autoassoluzioni (per lui, il cretino è sempre “un altro”); e comunque il riso gli appare a priori sospetto, sconveniente, «inferiore», anche quando − agghiacciante fenomeno − vi si abbandona egli stesso.»

La folgorante descrizione del Cretino, ritratto in tutta la sua imperturbabilità, è opera della premiata ditta Fruttero & Lucentini, che alla tipologia hanno dedicato un’apposita trilogia: La prevalenza del cretino (1985); Il ritorno del cretino (1992); Il cretino in sintesi (2003).

Carlo Fruttero e Franco Lucentini,
“La prevalenza del cretino”
Mondadori, 1985.

12.6.15

Qualunquemente....


Un noto uomo politico decide che quest'anno farà vacanze alternative. Basta Mar Rosso, basta Kenya, basta Maldive: sceglie quindi di passare due settimane dalla zia, la quale ha una fattoria. Il primo giorno si alza molto tardi e si ritrova solo in casa senza sapere cosa fare, annoiandosi un sacco. Alla sera, quando la zia rientra dai campi, le dice: "Sai zia, oggi mi sono annoiato parecchio, vorrei potermi rendere utile con qualche lavoretto, in modo da contraccambiare la tua ospitalità. C'è niente che posso fare per aiutarti?"
E la zia: "Volentieri. La settimana scorsa abbiamo raccolto il fieno; dovresti contare quante balle di fieno ci sono, cosi so quante posso venderne ai vicini. Io domani mi alzerò presto perché devo andare al mercato a vendere le uova, ci vediamo domani sera".
Il giorno dopo, il nostro amico politico lo passa a contare le balle di fieno. 
Alla sera, quando la zia rientra le dice: "Ho contato le balle di fieno, sono 142!
"Bravo nipote, hai fatto proprio un buon lavoro!"
"Grazie zia; potresti darmi qualcosa da fare anche per domani?"
"Ma... veramente... non saprei... in effetti ci sarebbe un lavoro abbastanza urgente da fare, però mi dispiace dovertelo chiedere..."
"Non farti problemi zia, sono contento di poterti aiutare. Di cosa si tratta?"
"Dovresti concimare tutti i campi, cosi io posso andare al mercato a vendere la frutta."
"Ottimo, cosi potrò stare tutta la giornata all'aria aperta. Spiegami come devo fare, e vedrai che per domani sera sarà tutto a posto”.
Detto, fatto: il giorno seguente lo trascorre a spandere letame sui campi della zia. Alla sera, la zia: "Bravo, hai fatto un lavoro perfetto, mi hai fatto proprio un gran piacere!"
"Già, devi sapere che mi sono anche divertito molto. La vita di campagna comincia davvero a piacermi. Cosa posso fare domani?"
La zia: "Io devo potare gli alberi, ma immagino che tu sarai un po' stanco, per cui ti assegnerò un lavoretto facile, semplice e poco impegnativo: la settimana scorsa ho raccolto le patate, e prima che io vada a venderle al mercato tu dovresti dividere le patate grosse dalle patate piccole"
Alla sera, quando rientra, la zia trova ancora tutta la montagna di patate da dividere e il nipote sconcertato con due patate in mano: "Ma come, te ne sei stato li tutto il giorno con quelle due patate in mano? L'altro giorno mi hai contato tutte quelle balle di fieno, ieri mi hai concimato tutti i campi e hai fatto dei lavori perfetti, non avrei potuto chiedere di meglio. Oggi, che dovevi semplicemente dividere le patate non hai fatto nulla, com'è possibile?"
Sai zia, il fatto è che noi politici, finché si tratta di contar balle e spandere merda non abbiamo nessun problema; è quando dobbiamo prendere una decisione che non sappiamo cosa fare".