31.3.14

Poppolitik...


Una delle cose che rimprovero maggiormente ai politici è il fatto di prendere in giro l’intelligenza dei cittadini, il ridurci a semplici dummies, quando fanno leva sulla ignoranza, sul basso istinto, su quello che sbrigativamente chiamiamo “populismo”.  La “guida pratica” per costoro è il “Mein Kampf” di Hitler, in cui si prescrive un linguaggio fatto di poche formule stereotipe, da ripetere in modo martellante (“fino a farle diventare verità”, come disse Goebbels)  e l’esaltazione dell’istinto e dell’intuizione contro il ragionamento. Cose già teorizzate da Gustave Le Bon, psicologo delle folle amato  -non a caso- da Mussolini e Hitler, il quale predica “la stimolazione della violenza e dell’eccitazione, nell’ottica dell’amico/nemico. Loro e Noi”.
Due sono gli esempi di questi ultimi giorni: il referendum (?) per l’indipendenza del Veneto e quello, ripetuto ad ogni piè sospinto dal Movimento 5 Stelle, sulla  uscita dell’Italia dall’Europa e dalla moneta unica ed il recupero integrale della propria sovranità politica ed economica. Sul primo, non aggiungo nulla all’eccellente post della amica Ross.
Sul secondo, invece mi fermo ad una semplice, elementare, quasi basica considerazione: è giuridicamente im-pos-si-bi-le.
Scrive Grillo: "Io non sono contro l’Europa e contro l’Euro, dico che a decidere devono essere i cittadini con un referendum propositivo senza quorum". E, ancora, nella recente intervista rilasciata a Mentana: "(…) la decisione di rimanere nell’euro spetta ai cittadini italiani attraverso un referendum, questa è la mia posizione. Io ritengo che l’Italia non possa permettersi l’euro, ma devono essere gli italiani a deciderlo e non un gruppo di oligarchi o Beppe Grillo”.
Cominciamo con il chiarire una cosa: dall’Euro l’Italia non potrebbe certo uscire tramite un referendum abrogativo. Non soltanto, infatti, l’art. 75 della Costituzione vieta esplicitamente che possa svolgersi un simile referendum sulle leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali ma, secondo una consolidata interpretazione della Consulta, non sarebbe mai possibile interferire, attraverso referendum, con l’ambito di applicazione delle norme comunitarie e con gli obblighi assunti dall’Italia nei confronti dell’Unione Europea. L’obiezione, molto intelligente, che fanno a questo i grillici è che “Grillo ha proposto un referendum propositivo e non abrogativo” (da un commento pubblicato sul blog del Verbo).  Peccato che nel nostro ordinamento non è possibile proporre lo svolgimento di referendum consultivi, al di là delle espresse previsioni della costituzione (articolo 132, ai sensi del quale tali consultazioni riguardano unicamente modifiche ai territori delle Regioni). Il Movimento, su questo punto, rischia di venir meno al suo impegno di “dire la verità” ai cittadini. Prende una posizione ambigua, equivoca, quella tristemente nota visti i precedenti italici di non dire la verità al popolo, per paura di perdere voti?
Secondo me Grillo non può non sapere che questa ipotesi non è attuabile, salvo una vittoria che, al momento, sembra andare al di là di ogni realistica previsione e che porti il Movimento 5 Stelle a diventare, da solo, partito di maggioranza assoluta in Parlamento. Verosimilmente, quindi, egli non avrà i numeri per far approvare una legge costituzionale che permetta di istituire un referendum consultivo sull’Euro (doppia votazione in entrambe le Camere, ed approvazione a maggioranza di 2/3 o, quantomeno, assoluta). Referendum che, peraltro, sarebbe – come scrive Grillo stesso – “meramente consultivo, ossia diretto semplicemente a rilevare il parere della cittadinanza e privo di effetti vincolanti”: la decisione resterebbe, pertanto, nelle mani del Parlamento, il quale sarebbe persino libero di ignorare il risultato della consultazione dei cittadini.
[Chè poi mi sarei anche un po’ stufato di sentire questa retorica sul richiamo alla “volontà dei cittadini”, buona per tutte le occasioni (ad es. per cancellare gli effetti di una condanna penale): li considero richiami per allocchi, illusioni per gonzi, ma in realtà formidabile spot elettorale da un lato, e dall’altro un modo di prender tempo, di evitare di rischiare. Già capito e mi sono rassegnato: moriremo democristiani].

3.3.14

Anima in deprescion



Considerazione notturna: più ci si deprime, più si dissolve ogni capacità di apprendimento. Ieri sera pensavo come la lettura del quotidiano, per anni rito immancabile, sia diventata sempre meno rituale e sempre meno indispensabile. Non è questione di singola testata, peraltro: e neppure una questione soggettiva, dato che leggo in molte altre persone che conosco, o di cui conosco da anni mentalità e pensiero, lo stesso atteggiamento. Allora comincio a pensare in grande, in quello che un sociologo definirebbe "analisi del macrofenomeno". Ed arrivo alla conclusione che esiste oggi un tentativo, oramai palese, di negare alle persone la possibilità di esprimere la propria personalità e realizzare il proprio benessere. L’incapacità di espressione, così come l’impossibilità di guardare al futuro, diminuisce la resistenza interna alla crisi. Come dicevano i Latini, "Homo sine pecunia imago mortis": per cui il Sistema, quello stesso che ha generato la crisi, la alimenta continuamente, prima ancora come fatto mentale che materiale. L'indurre la persona a deprimersi la rende anche meno portata ad informarsi, a diventare terreno di coltura per la conoscenza, l'informazione, l'apprendimento. E diventa conseguentemente più semplice far ragionare la pancia che la testa. L’attacco all’apprendimento non è solo un problema di stanziamento di fondi, ma è un problema -che diventa sistema- di gestione del potere e di giustificazione di livelli di diseguaglianza economica e sociale, che riportano il mondo in un nuovo passaggio trasformato in rallentamento dell’apprendere. Dove il faro viene puntato sul chi sta peggio, ed alla fortuna che hai rispetto a chi è rimasto indietro: il livellamento in basso, a vantaggio dei pochi "fortunati".
La formazione e l'informazione rappresentano l’antidoto alla sopraffazione dei disvalori finanziari sui valori della produzione e della distribuzione. Tagliando, da parte pubblica, sulla formazione, e trasformando l'informazione in un guazzabuglio di titoli ad effetto, di morti ammazzati, di affermazioni roboanti che più sono gridate più sono fasulle (ed in questo, la nostra classe politica è maestra: basta pensare alla ignoranza contenuta in una frase come "il governo vero è quello eletto dal popolo"). Formazione ed informazione sono gli ingredienti di quella cosa tanto scomoda al sistema che possiamo battezzare Cultura. E la Cultura è l’ultima trincea per resistere al tentativo di eliminazione dell’apprendimento. L’ultima frontiera per stimolare le persone a pensare e, attraverso l’apprendimento, a trovare benessere e libertà, intesi come presa di coscienza della propria personalità e del proprio divenire.
Ora dobbiamo studiare e realizzare nuovi meccanismi di accelerazione (ma anche di frenatura) che contrastino gli attacchi all’apprendimento. Sperimentare un antidoto a questa malattia attraverso l’attuazione di un meccanismo acceleratore di apprendimento, in grado di ricostruire e consolidare la relazione tra persona, comunità e territorio. Ed anche una frenata: rallentare i ritmi, dilatare i tempi non per non decidere, ma al contrario per approfondire, per soppesare il reale senso delle parole, le conseguenze di una azione, il perchè di un determinato gesto. Una scuola di cittadinanza che parta dall’interno della persona, visto che dall'esterno arriva sempre meno: i tagli all'Istruzione, la chiusura delle biblioteche pubbliche, la rinuncia della tv a svolgere ruolo di servizio pubblico, la riduzione dei giornali a depliant aziendali o vetrine dell'impossibile non sono certo grandi segnali. Ed i media che hanno trasformato le percezioni in notizie non sono che la ciliegina sulla torta.
Buon risveglio. Magari usando il pc anche per passare da queste parti. E' gratis e fa bene alla salute.