20.9.12

Finalmente l'Italia


[immagine tratta da http://barcellonapggiuseppegaribaldi.blogspot.it]

Ci sono strade e piazze intitolate a questo giorno fatidico per la storia d’Italia, è il giorno della famosa breccia di Porta Pia, il giorno in cui le truppe del regno sabaudo conquistano la Roma papale e pongono fine al regno temporale di Pio IX. In campo ci sono 50 mila soldati italiani, cinque divisioni agli ordini del generale Cadorna, contro 11 mila difensori papalini agli ordini di Hermann Kanzler, capo supremo dell’esercito pontificio. Quest’ultimo conta sulla solidità delle mura capitoline della riva destra del Tevere, dalla parte del Gianicolo e del Vaticano, solidità che era già stata sperimentata paradossalmente dai patrioti italiani di Mazzini e Garibaldi quando 21 anni prima, al tempo della Repubblica Romana, nel 1849, 10mila insorti avevano tenuto testa per due mesi a 30 mila soldati francesi molto meglio armati ed addestrati. Ma Cadorna lo ricorda bene, e decide di attaccare dalla riva sinistra. Sarà lì che si aprirà (a suon di cannonate, oltre 300) la famosa breccia di Porta Pia, sarà da lì che i bersaglieri entreranno di corsa. Il primo soldato a violare il ciglio della breccia è infatti un bersagliere del 12° battaglione, Federico Cocito. Era stato però l’esercito pontificio ad aprire per primo il fuoco a Villa Patrizi, facendo anche la prima vittima della battaglia, un povero caporale d’artiglieria italiano, Michele Plazzoli, centrato in piena fronte. Mentre avviene tutto questo, Papa Pio IX sta celebrando una messa davanti ai rappresentanti del corpo diplomatico. Fino all’ultimo il pontefice spererà nell’intervento di qualche potenza cattolica europea, ma questo non avverrà anche perché le stesse potenze cattoliche sono già impegnate a farsi la guerra l’una l’altra, ed era proprio su questo che Cavour ed il re Vittorio Emanuele avevano contato. Così già alle 10 del mattino è lo stesso Papa ad ordinare di innalzare la bandiera bianca sulla cupola di San Pietro.

UN BAMBINO BOLOGNESE CHE HA FATTO LA STORIA

Fin qui la Storia con la “esse” maiuscola, ma c’è anche una storia con la “esse” minuscola che merita di essere ricordata, anche perché probabilmente ha avuto una certa importanza nel determinare le vicende con la maiuscola. E’ la storia di un bambino bolognese, Edgardo Mortara: a Porta Pia si è combattuto anche per lui. Edgardo era stato sottratto con la forza dagli sgherri pontifici dalla sua famiglia ebraica, a Bologna, nel 1858, quando aveva solo sei anni, e portato a Roma per essere consegnato ai religiosi della Casa dei Catecumeni che fin dal 1540 avevano il compito di convertire ebrei e mussulmani. Ma perché strappare con tanta violenza un bambino, e solo quello fra otto figli di un’agiata famiglia ebraica bolognese, provocando sdegno e proteste ufficiali in tutta Europa? Perché la Chiesa aveva scoperto che uno dei figli dei coniugi Mortara era stato battezzato a loro insaputa da una donna di servizio cattolica, tale Anna Morisi, per “scongiurare” una grave malattia del piccolo che aveva in effetti rischiato di morire. Essendo diventato cattolico, quel bambino, secondo le autorità ecclesiastiche, non poteva più essere educato e cresciuto da genitori ebrei.
Il caso ebbe una vasta risonanza internazionale. Si mossero per primi i potenti banchieri ebrei Rothschild, con i quali il Vaticano era indebitato, chiedendo che il bambino fosse restituito alla madre “che era quasi impazzita in seguito all’accaduto”. Poi scese in campo la stampa liberale di tutta Europa denunciando le leggi medievali ancora in vigore nello Stato Pontificio. Pressioni erano giunte al Papa anche da parte di Cavour tramite il conte della Minerva. L’imperatore francese Napoleone III aveva incaricato il proprio ambasciatore presso la Santa Sede di comunicare al Papa che la restituzione del piccolo Edgardo Mortara ai suoi familiari di Bologna era un “suo personale desiderio”. Ma la risposta di Pio IX era stata sempre no. Suscitando probabilmente un certo risentimento in Napoleone, risentimento non estraneo all’avvallo internazionale, più o meno tacito, che la Francia ed altri stati europei diedero poi all’occupazione sabauda dello Stato Pontificio. Così si può dire che un bambino bolognese di 6 anni – al quale pare che lo stesso Pio IX si fosse affezionato e lo trattasse come un figlio – ha contribuito a fare la Storia, quella con la “esse” maiuscola. Fra i combattenti italiani di Porta Pia c’era anche un giovane ufficiale bolognese, Riccardo Mortara, 25 anni, fratello maggiore di quel bambino “rapito” dai papalini dodici anni prima.

[Articolo tratto da www.telesanterno.com, rubrica “Calendario: Quando oggi era ieri”]


7.9.12

Polli d'allevamento


Mi hanno assunto all’ E**l!
Il grido, legato al salto di gioia, risuona per casa. L’entusiasmo del ventenne che vorrebbe essere contagioso. Ma….Perché c’è, un ma. Alla base, la delusione del padre che, alla stessa età, ci aveva provato davvero, ad entrare nel prestigioso ente nazionale:  ed erano stati muri di gomma, nonostante titoli di studio più elevati ed anche una telefonatina del portaborse del segretario dell’oscuro deputato pentapartitico. Per cui, suonava strano che adesso il prestigioso Ente assumesse così, con inserzioni sulla Rete e sui giornalini locali. Presto detto: chi assume infatti non è l’Ente ex monopolista, ma una (più o meno oscura) società più o meno satellite e dal marchio molto simile che, ovviamente, non assicura uno stipendio, ma esclusivamente provvigioni.  La possibilità di utilizzo del marchio, dicono, è possibile proprio grazie alle cosiddette “liberalizzazioni” nel campo dell’energia. In pratica, cosa succede? Succede che frotte di ragazzotti vengano contattati da queste Premiate Ditte, vengano indottrinati a dovere nella ricerca e  -soprattutto -  nel convincimento dei polli da spennare. Perché, intendiamoci, le Premiate Ditte non offrono prezzi migliori  -quello che sarebbe il fine delle liberalizzazioni-  ma qualcosa di diverso.  Leggendo con attenzione i fogli che i patacchinati portano nella elegante borsa col marchio dell’ ex monopolista, ne saltano fuori delle belle.  Curiosamente, si tratta di contratti predisposti per due sole specifiche categorie di utenti: i polli attivi e i polli passivi.

I “polli attivi”: convinti di essere i più furbi, si rivolgono spontaneamente alle società che offrono energia nel mercato libero, implorando la possibilità di essere ammessi fra i loro clienti. Magari si sono fatti suggestionare da una insistente campagna promozionale in tv, dove tutti promettono tutto a tutti per niente o poco più. Alle prime bollette si accorgeranno di non aver risparmiato un bel nulla, e magari daranno al Governo la colpa dell’aumento dei costi.

I “polli passivi”: decisamente più numerosi, non si rivolgono a nessuno. Sono quelli, poveracci, che vengono braccati casa per casa da [non invitati] giovanotti col patacchino. Ovviamente non ci sono polli passivi dappertutto:  c’è una maggioranza di persone che quando danno udienza ai patacchinati, credendo che si tratti di dipendenti E**l , invece che disoccupati pagati a provvigione da società dai nomi simili, lo fanno per l’impossibilità di immaginare l’inghippo che si nasconde nelle parolone che ascolteranno, frasi in cui significati ambigui di parole conosciute, insieme con altre sconosciute, portano a conclusioni imprevedibili. Non sono polli ma è come se lo fossero. Uno dei fogli del mio figliuolo “patacchinato” , per dire, è titolato “Richiesta di Attivazione”, ed è formulato analogamente ad una supplica di un suddito in disgrazia. Stranamente, non è titolato “Contratto di Fornitura Energia ecc. ecc. ”.

Perché?
Perché in prima battuta non può esserlo. Dato che la società proponente non possiede una propria rete elettrica o del gas, non fornirà mai nulla. Vuole solo poter gestire i soldi delle bollette ricavandoci qualcosa. Così il documento contiene scaltrezze metamorfiche per mutarsi successivamente in Contratto. Infatti, la “Richiesta” sottoscritta dà mandato alla Premiata Ditta di rivolgersi agli effettivi gestori di reti, chiedendo di continuare a fornire energia al pollo, ma a nome suo. Se i veri gestori ci stanno, la Richiesta diventa automaticamente un Contratto in virtù di più firme apposte dal pollo in prima pagina, dove dichiara di accettare integralmente ciò che è scritto lì e nelle pagine successive non lette, sottoscrivendo implicitamente anche di essere un pollo fessacchiotto. Sta appunto qui la furbata malefica: la “Richiesta/Contratto” si dilunga in sette pagine stampate in caratteri minuti, con 25 articoli e 91 commi (il doppio di battute della Costituzione degli Stati Uniti, Emendamenti compresi), con numerose sigle incomprensibili anche ai lettori evoluti senza l’uso di glossari, e non è esaustiva (l’art. 1 – Definizioni, non spiega le sigle astruse, però cita 16 direttive dell’AEEG senza riportarle). Su due piedi, durante l’incursione dei patacchinati, é indigeribile un testo di 70.000 battute. La Legge non permette una cosa simile: c’è l’art. 1341 del CC che parla chiaro: “Le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei confronti dell’altro, se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l’ordinaria diligenza”. La Premiata Ditta cita tranquillamente quell’articolo nel punto dove il pollo deve firmare per l’accettazione del tutto, facendogli così ammettere di aver conosciuto le condizioni del contratto. La quadratura del cerchio non è mai stata un’operazione difficile. Quando i patacchinati se ne vanno con una richiesta/contratto firmata, un pollo s’è guadagnato un intermediario in più, che per contratto non muoverà un dito in caso di defaillance nelle erogazioni. Nonostante lui abbia già assolto oneri per cauzioni ed altro coi veri fornitori, l’intermediario pretenderà la corresponsione di “contributi in quota fissa” a copertura degli oneri amministrativi, esigendo che riparta da zero con un nuovo fornitore che fornitore non è, compresi i dati sensibili economici in deroga alla tutela della privacy opportunamente autorizzata dal pollo.
Ed il prezzo libero, il motore di tutto? Si tratta di una voce variabile fra altre che concorre al prezzo finale: esattamente come per il mercato “non libero”. Ciò permette al pollo che lo scopre, dopo attente letture e considerazioni del contratto firmato, una consapevolezza nuova: che sottoponendosi ad una limitante (e pure umiliante) burocrazia aggiuntiva non migliora per nulla la qualità dei servizi che riceverà, né aumentano le garanzie, anzi, diminuiscono; forse risparmierà qualche centesimo se i mercati internazionali si mostreranno benigni; però capirà con soddisfazione che aziende costruite ad hoc per fare da inutili passacarte prosperano con l’adesione dei polli. Sotto la vaga impressione dell’incombere di un sistema parassitario, potrebbe giungere alla conclusione che come al solito si stava meglio quando si stava peggio. Rimpiangendo la solida stolidità del solito poco tutelante sistema monopolistico standard, egualmente ipertassato ma un po’ meno farraginoso. Un salto evolutivo non da poco, passando dal ruolo di polli inconsapevoli a quello di normali stupidi che accettano docilmente quanto stabilisce una genia di filibustieri dominante l’Italia da decenni. Per cui, occhio se qualche suadente patacchinato busserà alla vostra porta.
[per la cronaca: mio figlio, resosi conto di tutto questo, ha restituito borsa, fogli, penne, gadgets ed ha preferito fare volontariato sulle ambulaznze: più povero in soldi, ma più ricco dentro. E pulito].