Sene parla da qualche giorno, in coincidenza con l’arrivo del nuovo governo.
Abolireil contante: o per lo meno, limitarne l’uso a transazioni sino ad un certolimite (molti giornali, ed anche l’ex premier, ovviamente contrario, parlano di300€). Eliminare il denaro contante porterebbe molti benefici, dato che ilcontante fa prosperare ogni tipo di mentalità e di illegalità e, suo tramite,si alimentano anche corruzione ed evasionefiscale, dicono i favorevoli. Detto così, sembra il toccasana per una serie diquestioni, nel nostro Paese, ormai endemiche.
Ma…
Ci sono anche dei “ma”, e non si tratta di problemi leggerini, anzi. Alcunieconomisti liberal infatti sostengono che il denaro elettronico comporta una altissima pericolositàsociale: permette tecnicamente una possibile forma di espropriazioneelettronica mediante flussi accentrati nel sistema bancario. E' una sostanzialedelega formale del valore, anche del valore d'uso per noi tanto prezioso. Non acaso la circolazione elettronica attraverso la diffusione di bancomat e carte dicredito è, per il sistema bancario, nient'altro che un moltiplicatore deldenaro circolante, sulla base del quale viene moltiplicato diverse volte ilcapitale gestito che diventa, a sua volta, fittizio, speculativo, cartolarizzatoe spezzettato in derivati, avente come base quello detenuto in formaelettronica. Non a caso sono state studiate le carte acquisti dei pensionati,come da noi le famigerate Social card. Quindi, la forma esclusiva del denaroelettronico è la fine del mercato e delle transazioni più o meno libere.
Perquanto mi riguarda, faccio un ragionamento molto elementare: sono a favoredella riduzione della circolazione del contante per la semplice ragione della tracciabilità. Pagare tutto, come ad esempio si fa negli States, con la cartadi credito, evita la noiosa prassi (o la pia illusione…) di richiedere loscontrino fiscale; infatti l'acquisto è tracciabile sia per l'acquirente cheper il venditore. Il problema vero sta nella mentalità; l'italiano è furbettoper natura, sono secoli che i furbetti fanno soldi e gli onesti stanno al palo.Oltretutto, una mia antica convinzione è che dalle nostre parti l'evasionefiscale sia voluta come forma di ridistribuzione sociale, almeno quellapiccola, percettibile: scontrini, fatture et similia, quella cioè di cui siamovittime (ma a volte anche complici) quotidianamente. Quella grande, che modellai debiti sovrani, i grandi fallimenti, la robbery vera e propria per intenderci,non viene mai percepita, pur essendo più che reale e strutturale, ed ha comestrumento formidabile l'incontrollata ed incontrollabile forma elettronica.
Quella tra classi sociali, peraltro, è a dir poco odiosa: ma mentre in Norvegia, ad esempio,chi dovesse evadere le tasse viene considerato un criminale, e non uno da cui prendere esempio, in quantoil suo non pagare le imposte comporta un danno verso la collettività, dallenostre parti suscita ammirazione in quanto “furbo” o “vincente”. Fino a che nonsi raggiungerà un livello di consapevolezza simile a questa, ogni soluzionerappresenterà solamente un palliativo. Anche se a volte ne guarisce più ilplacebo che il principio.