26.8.13

noi che abbiamo nella testa un maledetto muro

Quelle che propongo oggi non sono parole mie [ho solo assemblato parole di....vabbè, non lo dico subito. La cosa che conta è che esprimono il mio pensiero molto meglio di quanto possa fare io in questo periodo].

FEMMINICIDIO: terribile neologismo, non in sè  -il termine rende sin troppo l'idea- ma per le situazioni che ne hanno portato l'uso nel linguaggio comune.: l’uccisione di una donna in quanto donna, quale che sia l’età o l’estrazione sociale, etnica, religiosa della donna. In un paese che negli ultimi 20 anni ha visto quasi dimezzati gli omicidi, questo reato non decresce, anzi. E la violenza sulle donne, anche quando non arriva all’uccisione, mostra cifre che non possono lasciare indifferenti: soprattutto perché non si tratta di una “emergenza”, ma di una prassi costante. Una peculiare forma di violenza, rivolta non solo, ma anche, e con particolare accanimento, nei confronti delle donne è quella della diffusione di parole d’odio ["hate speech"], con modalità che ricordano quelle del bullismo e dello stalking (a volte sembrano esserne una nefasta sintesi).


Ci sono almeno due concetti che potrebbero essere evitati nelle cronache ormai quotidiane sulla violenza contro le donne.
Il primo è il concetto di “emergenza”. C’è infatti uno strano automatismo nel nostro Paese, secondo il quale se episodi analoghi e gravi si ripetono con una certa frequenza vuol dire che si deve rispondere con una logica emergenziale. Ed invece nel bollettino quotidiano dell’orrore contro mogli, fidanzate o amanti c’è una violenza stratificata e con radici profonde. Più aumentano i casi, più si dovrebbe ragionare in termini di problema strutturale e quindi culturale.
Il secondo concetto è quello di “raptus”, riportato spesso nei titoli dei giornali. Quando però si va a leggere il pezzo si capisce che di improvviso non c’ è stato proprio nulla. Ciò che è stato definito “raptus” era invece un gesto ampiamente annunciato. Penso ad uno degli ultimi casi: Rosaria Aprea, ventenne di Caserta, ridotta in fin di vita da un fidanzato geloso fino all’ossessione. Stordita dall’anestesia, ha avuto la forza di indicare il suo compagno come l’autore di quella violenza. Lo stesso che già due anni fa l’aveva mandata in ospedale, a furia di calci e pugni. Ed è stata forse improvvisa, la morte di Maria Immacolata Rumi qualche settimana fa a Reggio Calabria? È arrivata in ospedale in fin di vita per le percosse subite. Il marito ha raccontato di averla trovata dolorante e “intronata” una volta tornato a casa. Ma gli stessi figli hanno dichiarato: “Nostro padre l’ha picchiata per tutta la vita, era geloso, non voleva che lavorasse”. Ecco perché parlare di morti improvvise appare addirittura grottesco. Sette donne su 10, prima di essere uccise, avevano denunciato una violenza o avevano chiamato il 118. E allora perché non sono state protette? Dunque il più delle volte sarebbe meglio parlare di assassinii premeditati e di omissioni da parte di chi avrebbe potuto e dovuto tutelare le vittime. Il comitato “Se non ora quando” di Reggio Calabria dopo l’omicidio di Maria Immacolata si è chiesto: tutto questo si sarebbe potuto evitare se fossero state rifinanziati case-rifugio o centri antiviolenza? Non potremo mai sapere se Maria Immacolata si sarebbe rivolta a queste strutture, ma di certo sappiamo che sono troppo poche in Italia. E che sono ancora meno quelle in grado di offrire ospitalità alle donne. Si parla di un posto ogni 10mila abitanti. Dunque non c’è più tempo da perdere: i soldi per rifinanziare i centri antiviolenza devono essere trovati. Alcuni fanno notare che sarebbe utile introdurre un’aggravante per i casi di femminicidio. Altri, invece, sottolineano che non servono nuove norme, ma un’effettiva applicazione di quelle già esistenti. Se è così, allora bisogna capire dove e perché si inceppa il meccanismo dell’attuale legislazione. Si potrebbe dunque immaginare una sorta di monitoraggio dell’applicazione delle norme in materia di violenza alle donne.

C’è poi la questione della violenza via web. La Rete non è uno sconfinato spazio di libertà illimitata. Le finalità di molti tra i più popolari siti al mondo, ad esempio, sono in primis commerciali, mentre mettere in atto forme di tutela efficaci per gli utenti che divengono vittime di odio non è sempre una priorità. L’obiettivo principale, fra i colossi dell’industria di Internet, rimane quello di aumentare il numero degli utenti, delle cosiddette hit, numeri da rivendere poi alla pubblicità. [...] In passato le vittime di bullismo subivano gli attacchi di un gruppo circoscritto di persone che avevano deciso di prenderli di mira. Una situazione difficile e angosciante, che ha segnato e segna l’infanzia e l’adolescenza di tanti, soprattutto dei molti – la più parte – che non hanno trovato la forza di reagire. Oggi, però, le bugie, gli insulti, le minacce contro una persona possono raggiungere centinaia o migliaia di utenti, finendo per causare una pressione insostenibile. Ciò che mi sta a cuore è che si eviti l’equazione secondo cui, se le minacce, gli insulti sessisti, avvengono sulla rete, sono meno gravi. Non è così: la rete invece amplifica e pensare di minimizzare vuol dire non aver capito la portata del danno che dal web può derivare sulla vita reale delle donne. Le donne – anche se non figurano, a differenza delle minoranze etniche o razziali o delle persone omosessuali, tra le categorie ritenute oggetto di hate speech in molte legislazioni nazionali – sono tra le più esposte a questo fenomeno. Ne sanno qualcosa anche molte donne italiane, blogger, giornaliste, politiche, attiviste e cittadine, giovani e meno giovani, che si espongono su temi controversi e per questo sono spesso vittime di una forma di misoginia online. Questo non significa, lo ripeto, invocare un bavaglio. Semplicemente far sì che le norme già esistenti possano trovare effettiva applicazione anche per la rete. Oggi invece false identità o server collocati all’altro capo del mondo offrono un comodo riparo.
Infine, l’utilizzo del corpo della donna nella pubblicità e nella comunicazione. L’Italia è tappezzata di manifesti di donne discinte ed ammiccanti, che esibiscono le proprie fattezze per vendere un dentifricio, uno yogurt o un’automobile. In tv i modelli femminili che vengono proposti in prevalenza sono la casalinga e la donna-oggetto, possibilmente muta e semi-nuda. Da lì alla violenza il passo è breve. Se smetti di essere rappresentata come donna e vieni rappresentata esclusivamente come corpo-oggetto, il messaggio che passa è chiarissimo: di un oggetto si può fare ciò che si vuole. E invece è proprio a tutto questo che bisogna dire no. 
O siamo ancora dalle parti del "le femmine sono tutte grandi puttane, tranna mia mamma e mia sorella"?

Insomma, non sarebbe ora (e appunto, se non ora quando?) di mettere in discussione i nostri comportamenti e demolire quel maledetto muro che abbiamo nella testa?

Aggiornamento

Voglio pubblicare qui il commento di Ross che...beh, non aggiungo altro: dice tutto lei, ed al solito lo dice con estrema efficacia e grande profondità. Grazie, Ross.


Tema dei temi, questo.
Perché, alla fine, ogni volta che mi trovo a pensarci, arrivo sempre a una conclusione: ciò che succede al corpo femminile non è diverso da ciò che succede alla nostra coscienza. 
Ne abbiamo una?
Ma attenzione: coscienza è conoscenza. Non è data l'una senza l'altra perché sono la stessa cosa.
Allora, facendo ancora un gradino verso il fondo, mi accorgo che tutto fa capo alla svalorizzazione di una parola che oggi viene solo abusata, proprio come le donne, e come mille altre soggettività: etica.
L'etica sta in fondo, cioè in cima.
Perfino la morale viene dopo e di conseguenza.
L'oggettivazione del corpo, la manipolazione mediatica a scopo commerciale del corpo (perfino quando vendono un corso di Pnl o un libro, ci stanno dicendo che il "muscolo cerebrale" si può vendere come un prodotto), rende l'essere umano cosa, non più essere.
E sulle "cose", esprimiamo l'ultima traccia di potere che ci è rimasta: quela del dominio del più forte sul più debole, del duro sul morbido, del grande sul piccolo.
La violenza e l'omicidio sono una resa dei conti fra impari: si uccide per vendetta, fosse anche la vendetta che cova nella rabbia di scoprirsi ancora forti solo fisicamente, pur avendo perso ogni forza della ragione, della morale, dell'etica.
Appunto.
Se l'altro non è me, se è altro da me, determino con ciò stesso, nel dichiararlo "diverso" da me, la mia illusione di essergli superiore.
Migliore.
E se mi definisco migliore, per qualsiasi motivo, dalla scelta di un paio di scarpe, di un modo di camminare o fin giù nella più idiota delle banalità con cui mi identifico, dico insieme cosa ha valore.
E chi mi è minore, cioè inferiore (nei gusti così come in ogni altro aspetto per me identitario), posso dare lezioni, correggerlo, cioè pestarlo a sangue fino a ucciderlo.
Come facciamo con gli animali, no?
Mica ce li mangiamo perché sono carini, ma perché sono deboli.
Portiamo i bambini alle fattorie didattiche per far loro ammirare pulcini e galline per poi presentarglieli impanati e fritti.
Etica.
Senza non siamo esseri, solo cose.

19.8.13

Italia spacciata/1


Una cosa che ho notato in questi lunghi mesi, dove si è passati senza soluzione di continuità, da giornate piovose a giornate afose [e chi conosce il clima della cittadella, sa quanto siano realmente afose] , è la corsa, da parte di alcuni automobilisti, all’occupazione del posto per portatori di handicap.
Qualcuno parcheggia e corre verso il luogo che deve raggiungere addirittura senza esporre nessun contrassegno: qualcun altro sosta sul proprio veicolo e, al legittimo titolare di contrassegno che nel frattempo è arrivato e reclama [giustamente] a colpi di clacson il proprio posto,  fa segno di aspettare qualche minuto. A volte vedi un contrassegno ben in vista su un macchinone da cui poi escono baldi giovani, di quelli con occhiale griffatissimo scuro e colletto della polo alzato, accompagnati da vistose signorine tacco 12 e mini short.
Insomma, la classica miscela "SUV & putanun" da cinepanettone [o programma di fascia pomeridiana da  rete mediaset].
A voler essere buoni. si può pensare alla abitudine, tipicamente italiana, di aggirare furbescamente, se non disattendere completamente, alcune regole di normale buona educazione; a pensarla male, invece, si può arrivare alla conclusione che chi usurpa e occupa posti riservati al parcheggio di disabili, lo faccia semplicemente per arroganza. Ipotesi avvalorata dal fatto che, quando parli e ti rivolgi a questi esseri, comunque hanno ragione loro: perche’ piove e ho le bambine piccole (con le gambine perfettamente funzionanti), perche’ ho mal di schiena, ma e’ soltanto per due minuti, non vede che sto telefonando, etc.etc.
Come succede troppo spesso, in questo nostro disastrato paese senza più etica, se osi far valere un tuo diritto, corri pure il rischio di sentirti apostrofare in malo modo. Quindi, bene ha fatto una mia collega affetta da poliomielite che ha lasciato un foglio sul tergicristallo del cafone, che ne aveva occupato il posto sotto l'ufficio, con questa frase: "ti sei preso il mio posto, prenditi anche il mio handicap".




6.8.13

Berlusconi da record: 25 balle in 14 minuti

Berlusconi perde il (ca)pel(l)o, ma non il vizio. Le balle ed il palco abusivo. Nella manifestazione organizzata davanti a Palazzo Grazioli ci sono tutti gli elementi caratterizzanti del ventennio berlusconiano. Il Cavaliere è riuscito infatti a raccontare 25 balle (arrotondate per difetto. Alcune di esse ne contengono più di una al loro interno) in quattordici minuti di discorso, parlando da un palco montato abusivamente, senza l’autorizzazione del Comune di Roma e del Prefetto. Guai a fare le cose secondo la Legge se ti chiami Silvio Berlusconi.

Se in un Paese normale, un pregiudicato (specie nei giorni immediatamente successivi alla sua condanna) annunciasse la nascita di un nuovo (o vecchio) partito, gli elettori gli riderebbero in faccia e non lo voterebbero neanche sotto-tortura. In Italia invece, 1500 persone hanno dato vita al Marcio su Roma, muniti di bandiere e striscioni, per difendere il condannato in via definitiva. Il quale non li ha delusi, raccontando loro la favola che va dicendo da anni. Quella che a loro piace sentire. Con tanto di 25 balle.

1- “Credo che nessuno possa venirci a dire che questa è una manifestazione eversiva, come in molti, troppi, hanno detto”. Una parte del potere legislativo attacca ed insulta il potere giudiziario (il più importante per garantire l’equilibrio istituzionale): quella di ieri (come quella di Brescia) è stata una manifestazione a dir poco eversiva.

2- “Nessuno può venirci a dire anche che siamo, come hanno detto, degli irresponsabili, perché noi abbiamo detto, chiaro e tondo, che il governo deve andare avanti”. Hanno detto “chiaro e tondo, che il governo deve andare avanti”? Dalle dichiarazioni dei suoi compagni di partito non si evince tutta questa chiarezza. Ecco qualche esempio. Alfano: “Il destino del governo è legato al programma e se non è realizzato l’esecutivo non va avanti” (Ansa, 22 giugno 2013). Brunetta: “I governi stanno in piedi se governano. […] Se Saccomanni propende per una sospensione dell’aumento dell’Iva per tre mesi è una presa in giro, […] noi non ci stiamo” (Ansa, 25 giugno 2013); “Il governo rischia di cadere” (Agi, 26 giugno 2013); “Se (il governo, ndr) resterà preda di mille minimalismi, allora meglio che vada a casa” (Agi, 30 giugno 2013). Santanchè: “Benissimo ha fatto il PdL […] a ribadire in maniera secca e decisa la propria volontà politica inequivocabile di staccare la spina a Letta qualora il patto sul programma di riforme e sull’emergenza economica venisse meno” (Adnkronos, 22 giugno 2013); “Se dovesse arrivare un ‘no’ sulla richiesta di moratoria dei lavori parlamentari capiremo che non c’è un governo di coalizione. […] Far cadere un governo non è un’azione politica, è una conseguenza di un’azione politca” (Agi, 10 luglio 2013). Miccichè: in caso di condanna di Berlusconi nel Processo Mediaset “è difficile che il governo possa rimanere in piedi. La vedo dura. […] Mi pare difficile che non cada. […] Il governo Letta non ha ancora fatto nulla di quello che doveva fare [...]” (Agi, 25 luglio 2013).

Per dovere di sintesi, ci fermiamo qui.

3- “E abbiamo detto chiaro e tondo che il Parlamento deve andare avanti per approvare i provvedimenti adottati dal governo”. Vedi punto numero 2.

4- “Quello che ci spinge non è il nostro interesse particolare, ma prima di tutto sempre viene l’interesse di tutti. L’interesse della nostra Italia”. É risaputo che Berlusconi abbia a cuore l’interesse della “nostra Italia”. Nostra nel senso di sua, di Dell’Utri, di Previti e di pochi altri. A meno che le decine e decine di leggi ad personam approvate dalle maggioranze berlusconiane non siano state ideate nell’interesse di tutti. Chi non sentiva il bisogno fisico di veder approvato il Lodo Maccanico-Schifani, il Lodo Alfano, il Legittimo impedimento, la Ex-Cirielli, il Decreto Biondi, la Legge Tremonti, la Legge sulle Rogatorie, la depenalizzazione del Falso in bilancio, la Cirami, il condono fiscale, la Frattini, le leggi Gasparri, il condono edilizio, la legge che impone più Iva e meno spot per Sky, eccetera eccetera?

5- “Lo dico guardandovi negli occhi, uno ad uno, e lo direi guardando negli occhio i miei cosiddetti giudici: io sono innocente”. Non la pensano così il Tribunale, la Corte d’appello di Milano e la Cassazione. Non la pensano così neanche i giudici che in passato hanno prosciolto Berlusconi per avvenuta prescrizione (Lodo Mondadori, All Iberian 1, Consolidato Fininvest, Bilanci Fininvest 1988-1992, Processo Lentini, Processo Mills).

Si noti che è cambiata la tattica utilizzata da Berlusconi per proclamare la sua innocenza: ha smesso di giurare sulla testa dei suoi figli, forse su esplicita richiesta degli stessi.

6- “Non c’è mai stata una falsa fatturazione in Mediaset”. Forse voleva dire “non c’è stata solo la falsa fatturazione”. Infatti, in Fininvest/Mediaset esisteva un “meccanismo fraudolento“, attraverso il quale la società ha frodato il fisco a partire da metà degli anni ’80: il Colosso di Cologno Monzese acquistava diritti di trasmissione televisiva dalle Majors, tramite società del gruppo apparentemente indipendenti, prive però di qualsiasi struttura commerciale (“c/c di transito, prive di reale struttura“), localizzate in Paesi off-shore e amministrate da fiduciari di Berlusconi; i diritti, prima di approdare alla casa madre, erano oggetto di una serie di passaggi infragruppo (ossia, passavano da una società off-shore all’altra), che facevano lievitare il loro prezzo; una volta giunti a destinazione, i titoli venivano frazionati in più parti per rendere difficile la comparazione dei prezzi degli stessi. A partire dal 1995, anno della quotazione in borsa di Mediaset, il sistema di frode si è leggermente modificato, perché i diritti non venivano più fatti acquistare dalle società off shore, ma dalla International Media Service Ltd, società maltese anch’essa solo teoricamente terza al gruppo Fininvest; la IMS Ltd girava i diritti televisivi a Mediaset, che, come nel periodo pre-1995, li acquistava ad un prezzo apparentemente maggiore. Tale meccanismo fraudolento ha permesso alla Fininvest di abbattere gli utili e creare fondi neri attraverso la “fuoriuscita di denaro dal patrimonio di Fininvest/Mediaset a beneficio di Berlusconi“.

7-In quel periodo, “io facevo il presidente del Consiglio”. Vero, ma nei ritagli di tempo si adoperava per frodare il Fisco. Scrivono i giudici della Corte d’appello di Milano: “Era assolutamente ovvio che la gestione dei diritti, il principale costo sostenuto dal gruppo, fosse una questione strategica e quindi fosse di interesse della proprietà, di una proprietà che, appunto, rimaneva interessata e coinvolta nelle scelte gestionali, pur abbandonando l’operatività giornaliera. […] Ad agire era una ristrettissima cerchia di persone che non erano affatto collocate nella lontana periferia del gruppo ma che erano vicine, tanto da frequentarlo tutti (da Bernasconi ad Agrama, da Cuomo a Lorenzano) personalmente, al sostanziale proprietario (rimasto certamente tale in tutti quegli anni) del medesimo, l’odierno imputato Berlusconi”. In pratica, mentre i Bossi di turno minacciavano lo sciopero fiscale, lui lo praticava…

8- “Non telefonavo al centralino di Mediaset perché temevo che se anche una sola telefonista avesse detto che avevo telefonato, mi sarebbero venuti tutti addosso con il conflitto d’interessi”. Non credo si debba aggiungere altro, se non che erano increduli persino i suoi fans presenti. Il che dice tutto!

9- “Che senso ha una sentenza che mi attacca come azionista di un’impresa quotata in borsa? Allora si dovrebbero condannare tutti gli azionisti”. Si riveda il punto 7: Berlusconi non è stato condannato in quanto azionista del gruppo (o, come ha sostenuto qualcuno, perché non poteva non sapere). Prova ne sia che il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, è stato assolto visto che “non vi è prova sufficiente” per dimostrare che “fosse realmente consapevole” del meccanismo fraudolento. “Vi è” invece “la prova, orale edocumentale, che Silvio Berlusconi abbia direttamente gestito la fase iniziale dell‘enorme evasione fiscale realizzata con le società off shore”. Proseguono i giudici dela Corte d’appello: “Era riferibile a Berlusconi l’ideazione, la creazione e lo sviluppo del sistema che consentiva la disponibilità di denaro separato da Fininvest ed occulto al fine di mantenere ed alimentare illecitamente disponibilità patrimoniali estere presso conti correnti intestati a varie società che erano a loro volta amministrate da fiduciari di Berlusconi”.

10- “Una sentenza che non considera il fatto che io fossi fuori dalla televisione da venti anni”. Si rivedano i punti 7 e 9.

11- “Una sentenza che mi punisce indebitamente […] per una presunta evasione di 7 milioni e 300.000…(continua al punto 12, ndr)”. Berlusconi è stato condannato per aver frodato al fisco (il reato di frode fiscale è ben più grave dell’evasione fiscale) 7,3 milioni di Euro negli anni di imposta 2002-2003. Il sistema fraudolento però prende vita a metà degli anni ’80 (i reati antecedenti al 2002 sono caduti in prescrizione), perciò la frode fiscale riguarda una somma di denaro ben più ampia dei 7,3 milioni di Euro.

12-“...negli anni in cui Mediaset ha pagato 567 milioni di Euro di tasse”. Non basta pagare molte imposte per evitare una condanna per frode fiscale. Se un contribuente deve al Fisco 10, versa 9 e mette in piedi un meccanismo fraudolento per non pagare 1, deve essere condannato.

13- “Ove ci fossero questi 7 milioni e 300.000 Euro, mi hanno fatto pagare in appello una multa di 10 milioni e 500.000 Euro. Quindi lo Stato semmai è stato rimborsato”. In realtà, i giudici hanno disposto un versamento a titolo provvisionale di 10 milioni di Euro, ma in solido con i coimputati (Agrama, Lorenzano e Galetto).

14- “Ho sopportato, dopo essere disceso in campo nel ’94, venti anni di tentativi di una parte della Magistratura di buttarmi fuori dalla politica”. Nell’ordinanza del Gip di Brescia, Carlo Bianchetti, con la quale venne archiviata per totale insussistenza la denuncia presentata dal Cavaliere, nei confronti del pool milanese, reo secondo il denunciante di aver fatto cadere il governo Berlusconi I, si legge: “Risulta dall’esame degli atti che, contrariamente a quanto si desume dalla prospettazione del denunciante, le iniziative che il pool Mani Pulite, in uno dei numerosi filoni di Tangentopoli, aveva rivolto verso il dott. Berlusconi e le sue aziende, avevano preceduto e non seguito la sua decisione di ‘scendere in campo’. […] Al momento in cui egli aveva annunciato la volontà di partecipare alla competizione elettorale […] la Procura di Milano aveva già avviato svariati procedimenti concernenti lui e/o le sue aziende. […] Berlusconi ben conosceva” l’esistenza delle “legittime iniziative giudiziarie da tempo in corso. […] Si può affermare conclusivamente che l’impegno politico del denunciante e le indagini ai suoi danni non si pongono tra loro in rapporto di causa ed effetto” (Brescia, 15 maggio 2001). Le indagini a carico di Fininvest e Berlusconi sono antecedenti la sua entrata in politica e non viceversa.

15- “Ora (i magistrati, ndr) sono arrivati a raggiungere il loro traguardo”. Ovviamente, l’obiettivo dei magistrati non era quello di condannare definitivamente Berlusconi. É vero però che, in questi venti anni, l’obiettivo principe del Cavaliere è stato quello di non farsi condannare dai giudici.

16- “Non possono impedirci di guardare a questi venti anni della storia d’Italia, di capire e di dichiarare, che c’è una parte della Magistratura che appartiene ad una corrente della Magistratura fortemente ideologicizzata (sic!) e politicizzata, che nei suoi atti dichiara, in chiaro, che i suoi aderenti – che non si sa chi sono, perché è qualcosa di segreto – che i suoi aderenti devono usare il loro potere, il loro terribile potere, di togliere la libertà ad un cittadino, per aiutare il popolo ad avere la Democrazia. E secondo loro, la Democrazia il popolo ce l’ha solo se c’è la sinistra al governo”. Siamo al delirio più totale. Non serve aggiungere altro…

17- “Così, (i magistrati, ndr) hanno eliminato dalla vita politica, nel ’92 e nel ’93, i cinque partiti democratici che ci avevano governato per cinquanta anni, facendo crescere il benessere nella libertà e nella Democrazia”. Il Cavaliere era di diverso avviso nel gennaio del 1994, quando annunciò la sua entrata in politica: “La vecchia classe politica (i famosi “cinque partiti democratici”, ndr) è stata stravolta dai fatti e superata dai tempi. L’autoaffondamento dei vecchi governanti, schiacciati dal peso del debito pubblico e dal sistema del finanziamento illegale dei partiti (il “benessere” la “libertà” e la “Democrazia”, ndr), lascia il Paese impreparato e incerto nel momemento difficile del rinnovamento e del passaggio a una nuova Repubblica” (videomessaggio, 26 gennaio 1994). Pochi giorni più tardi Berlusconi andò oltre affermando: “Basta con la vecchia politica, noi vogliamo una politica diversa, nuova, pulita! Siamo l’Italia che risparmia contro l’Italia che ruba. Siamo l’Italia della gente perbene contro l’Italia dei vecchi partiti” (prima convention di Forza Italia, Roma, 6 febbraio 1994).

18- “Quando nel ’94, Silvio Berlusconi è sceso in campo, quando è nata Forza Italia, ci hanno lanciato contro un’accusa di corruzione ed hanno fatto cadere il governo eletto dagli italiani”. Berlusconi sostiene che il suo primo governo fu sfiduciato dalla Lega, perché i magistrati milanesi gli recapitarono un avviso di garanzia durante una riunione del G8 a Napoli. Sempre secondo la tesi portata avanti dall’ex Premier, lo stesso avrebbe appreso la notizia di un’indagine a suo carico, direttamente dal Corriere della Sera. Le cose, ovviamente, non andarono così. Facciamo chiarezza: 1- i pubblici ministeri milanesi non gli recapitarono un avviso di garanzia, ma un semplice invito a comparire (la cosa è ben diversa); 2- quest’ultimo gli fu recapitato a Roma e non a Napoli; 3- i Carabinieri non trovarono Berlusconi nella capitale ed allora, il giorno stesso (21 novembre), lo chiamarono per notificargli l’invito a comparire. È quindi impossibile che il Cavaliere sia venuto a conoscenza dell’atto della Procura milanese direttamente dal Corriere, il giorno seguente; 4- a Napoli non era in corso il G8, ma un convegno internazionale sulla corruzione; 5- se i magistrati avessero voluto farlo cadere politicamente, gli avrebbero notificato l’invito il 19 novembre, giorno delle Elezioni Amministrative, senza aspettare che si chiudessero le urne; 6- il governo cadde per una mozione di sfiducia firmata da Bossi e Buttiglione (affiancata da un’altra siglata da D’Alema). L’esecutivo venne fatto cadere, perché chi votò la mozione era contrario alla riforma delle pensioni (Lega in primis); 7-anche Bossi in quel periodo risultava indagato, perciò non avrebbe avuto senso far sfiduciare Berlusconi anche se indagato; 8- la Lega decise di togliere l’appoggio al governo Berlusconi I il 6 novembre, quindici giorni prima l’invio dell’invito a comparire.

19- “Via via, senza interruzione, un calvario di accuse. Ne ho 41 di processi alle spalle, che non sono riusciti a chiudere con una sentenza di condanna”. In realtà Berlusconi ha avuto 33 procedimenti (fra proscioglimenti, archiviazioni, assoluzioni, amnistie, prescrizioni, condanne e procedimenti ancora in corso. Spero di non essermi scordato nulla). Il Cavaliere, ovviamente, omette di dire che in molti processi ha evitato la condanna definitiva grazie all’amnistia, alla corruzione dei testimoni, alle leggi ad personam ed alle prescrizioni.

20-“Ne hanno messi in campo molti altri, perché evidentemente sono consapevoli che la presenza di Silvio Berlusconi […] è un argine contro il Regime. É l’unico baluardo che abbiamo contro un regime illiberale e giustizialista”. Anche in questo caso non credo serva aggiungere altro, se non che il Cavaliere confonde il giustizialismo con la Legalità…

21- “Non possiamo accettare che ci dicano […] di non criticare una Magistratura che non è un potere dello Stato – i poteri dello Stato sono quelli che seguono alle Elezioni da parte dei cittadini –, una Magistratura che è un ordine dello Stato fatto di impiegati statali che hanno fatto un compitino, vincendo un concorso, e che ora sono liberi; ma più che liberi: indipendenti, irresponsabili, non subiscono nessun controllo e mettono sotto gli altri poteri dello Stato: il potere esecutivo ed il potere legislativo. Questa è una condizione che si ritrova soltanto nei regimi”. Un potere dello Stato è tale se gode di attribuzioni previste dalla Costituzione, non se è eletto dai cittadini. Se fosse veritiera la definizione del Cavaliere, anche il governo italiano non sarebbe un potere dello Stato, in quanto non eletto direttamente dai cittadini. Per quanto riguarda la Magistratura: è la Costituzione ad imporre che le nomine dei magistrati avvengano per concorso (Art. 106). Ed è la stessa Carta Costituzionale a predisporre l’indipendenza dei giudici (“I giudici sono soggetti soltanto alla Legge”. Art. 101). Non vale la pena perdere altro tempo per commentare le altre affermazioni.

22- Nella Costituzione “non c’è scritto, come dovremmo credere guardando a quel che è successo (Processo Mediaset, ndr), che l’Art. 1 dica ‘La sovranità appartiene alla Magistratura che la esercita come vuole, senza ad alcun controllo’. Questo è ciò che dovrebbe essere scritto nella Costituzione per corrispondere alla dolorosa realtà nella quale ci troviamo”. “Guardando a quel che è successo”? “Dolorosa realtà” (forse per lui)”? Non è successo niente di che: un frodatore del Fisco è stato condannato per il reato commesso.

23- Il nostro è “un popolo che non conosce l’invidia, che non conosce l’odio, che ha rispetto per gli altri, a partire dai più umili. Un popolo che rappresenta la parte buona, la parte di buon senso, la parte produttiva del Paese”. Il popolo che continua a credere alle balle di un pregiudicato per frode fiscale…

24-“Credo che il vostro essere qui comporti che vi faccia una promessa: io sono qui! Io resto qui!”. Vero, se non avesse una condanna da scontare.

25- “Tutti insieme riusciremo a vincere e a cambiare il nostro Paese, facendolo diventare un Paese dove i cittadini non abbiano paura di trovarsi senza colpa in carcere, di vedere calpestata la propria esistenza e la propria libertà”. Chi di voi non si sveglia di soprassalto ogni notte, temendo di finire in carcere senza colpa? É una paura tipica…se ti chiami Silvio Berlusconi.

Sic transit, bunga-bunga…

Simone Ferrali

simone.ferrali@gmail.com