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Il tacchino va bene per il Natale,
ma il Natale non va bene per il tacchino.
(Proverbio inesistente)
"I gesuiti, peropinione generale, introdussero il tacchino in Francia".
Questa, in termini concisi, direi addirittura secchi, la notizia nuda e crudatramandataci dalla storia.
Intanto sul fatto che sia opinione generale, ho i miei dubbi. Per conto mio nonho nessuna opinione in proposito. Ho trovato l'asserzione nell'opera "Gliuccelli" di Figuer e per controllarla ho interrogato amici e conoscenti,su chi avrebbe introdotto il tacchino in Francia. Tutti, senza eccezione, sisono dichiarati incompetenti a rispondere. Perfino i cuochi.
Comunque, diamo per buona la notizia. Da essa balzano anzitutto alcuniinterrogativi: come mai i gesuiti introdussero il tacchino in Francia? cherapporti avevano quei religiosi con questo animale? e come mai, prima d'esserviintrodotto dai gesuiti, il tacchino non era mai entrato sul suolo della nostrasorella latina? Dire per mancanza di passaporto, sarebbe voler scherzare. Comelo sarebbe dire che non vi erano ammessi i tacchini, perché è la terra deiGalli.
Piuttosto, c'era forse qualche rete protettiva lungo i confini della Francia,appunto per impedire che il tacchino sconfinasse abusivamente?
In qualunque modo si sia svolta la faccenda, immaginiamo la scena a cui alludela storia. Siamo presso il confine francese. Confine colla Svizzera, collaSpagna, colla Germania o il Belgio? Oppure con l'Italia?
Questo, la storia non lo dice, ma la differenza conta. Voi capite che, se iltacchino entrò dalla Germania o dal Belgio, forse era accompagnato da fegatograsso tartufato, e quasi certamente da patate e da cavoli. Laddove, se laSpagna fosse stato il luogo di provenienza, il suo corteggio sarebbe stato abase di pomodori o di peperoni. Innaffiato da vino, se proveniente dal Sud odall'Ovest; da birra, se da paesi fiamminghi.
Dunque, sarebbe importante sapere da dove fu fatto il colpo.
Escludiamol'Italia, in quanto resterebbe poi da sapere da chi e come il tacchino fossestato introdotto presso di noi. Ci sarebbero gli altri paesi.
Immaginiamo la Spagna; i Pirenei. Zona di contrabbandieri che ben si adatta aun colpo di mano del genere e da all'impresa un colore romanzesco, uso Carmen.E' notte. Fischia il vento fra quelle gole selvagge. I gesuiti, che si sonoproposti d'introdurre questo animale da cortile in Francia, cercano di farglipassare la frontiera spingendolo con giunchi, stuzzicandolo perché cammini. Iltacchino pettoruto incede e, dietro, la schiera dei religiosi.
Ora, due sono le ipotesi: l'introduzione del tacchino avvenne palesemente oclandestinamente, visto che si trattava d'un animale ancora ignoto in Francia?
Nella prima ipotesi bisogna immaginare l'arrivo al posto di frontiera. Idoganieri vedono lo strano animale in compagnia d'una compagnia di gesuiti.Qualcuno ha un piccolo moto di timore.
"E questo che cos'è ?""Il tacchino."
"A che serve ?"
"A farlo arrosto"
"Ohibò!"
"E' ottimo a Natale e a Capodanno."
"Bè, passi, allora."
Nella seconda ipotesi, bisogna immaginare i gesuiti che aspettano il calardella notte e indi s'avventurano a passar la frontiera clandestinamente conl'animale di contrabbando. Quante peripezie, quanti patemi, prima d'arrivare almal passo! E finalmente, zitti!, ci siamo. In punta di piedi i gesuiti, fra legole dei monti, passano in fila indiana, spingendosi avanti il tacchino. Nonera prudente lasciarlo indietro, visto che poteva sperdersi o essere acciuffatoda qualche malintenzionato. Proprio a un passo dalla frontiera la bestiaccia,manco a farlo apposta, si mette a fare: glu glu glu...
Maledetto. I religiosi cercano di tappargli il becco. Cosa non facile. Ma sì!Quello starnazza. Rimbombano nelle tenebre notturne tre o quattro spari, igendarmi confinari sono in allarme, s'odono di qua, di la, passi concitati nelbuio, grida di "Chi va là ?". I gesuiti, immobili nelle tenebre,trattengono il respiro. Uno s'è ficcato sotto la tonaca il maledetto gallinaceoe gli tiene la testa avvolta nella gonna, perché non s'oda. Il tacchino sidibatte, ma viene trattenuto. Finalmente, torna la calma. Il pericolo èpassato. In punta di piedi, i gesuiti riprendono il cammino, col tacchinoavvolto in panni, a rischio di soffocarlo.
Sia lodato il cielo, la linea è superata. Siamo in terra di Francia. I gesuitilasciano libero l'animale e proseguono liberi, felici.
Il tacchino èstato introdotto in suolo francese, nella terra della libertà, dove l'attendela padella.
Ma forse, tutto questo non è che fantasia. Forse l'introduzione avvenne viamare, più probabilmente, poiché credo che il tacchino provenisse dall'America eche in Europa fosse ancora ignoto.
Doveva essere il Sei o il Settecento. L'epoca dei galeoni, dei pirati, deitesori nascosti nelle isole disabitate. Allora viaggiare per mare eraun'avventura.
Quante peripezie nella lunga traversata, durante la quale più voltel'incolumità del gallinaceo dovett'essere messa in pericolo dalle tempeste,dalle sollevazioni di un equipaggio poco docile e soprattutto dalloscarseggiare delle vettovaglie. Per tacere delle occulte e subdole mire delcapitano in persona, desideroso magari d'offrire un pranzetto en tete a tete aqualche bella passeggera avventurosa, uso Manon Lescaut.
Mancavano i viveri a bordo. Equipaggio e passeggeri, deportati e deportate,languivano famelici nelle stive, fra tutte quelle lanterne, fra quelle botti,quei barili, quelle botole, scale, scalette, gambe di legno, e quegl'ingombrid'ogni specie che rendevano oltremodo difficile la circolazione sulle navid'una volta e che, dopo alcuni secoli, dovevano rivelarsi provvidenziali pergli autori dei film di pirateria e filibusteria.
Il capitano sa che c'è a bordo, chiuso in una gabbia, il misterioso pennuto.Un'occhiata d'intesa al cuoco, quasi certamente cinese. Un lampo di rispostasinistro, nello sguardo di questo. E appena cala la notte, malgrado la presenzaa bordo di alcuni misteriosi personaggi - possibilmente con almeno una gamba dilegno - un'ombra armata di coltello scivola nelle tenebre verso la stiva, sicala nel boccaporto.
Un attimo d'attesa e subito uno starnazzare d'ali e un gorgoglio disperato,strozzato immediatamente. Il colpo e fatto. Tra poco nella cabina del comandosarà straziante e splendido vedere la salma del tacchino dorata dal forno,stesa immobile supina fra quattro candele, esalante quel profumo appetitoso,sulla tavola del capitano riccamente imbandita. E la bella deportata cederà leproprie grazie in cambio d'una dorata fetta del saporito gallinaceo. Eh, sipotrebbe scrivere un romanzo sulla traversata oceanica del tacchino! Un romanzonel quale converrebbe dare il debito posto anche alle proteste dei gesuiti, ailoro mille sottili artifizi per salvare il pennuto dal coltellaccio dellacucina e portarlo sano e salvo in Francia.
Dove evidentemente avevano intenzione di fargli fare la stessa fine, altrimentinon si spiegherebbe tutta la loro smania d'introdurlo nel vecchio mondo.
Ma,ora che ci penso, perché ciò potesse avvenire, come avvenne, occorre chel'episodio della traversata oceanica relativo al pranzo offerto dal capitanoalla bella deportata, a base di tacchino arrosto, si concluda in sensosfavorevole alle mire del capitano stesso, e' che il tacchino, per qualchedrammatico avvenimento che potrebbe dar materia ad un interessante capitolo,sfugga al coltello del cuoco cinese.
Allora, sorvoliamo su tutto ciò, per arrivare subito alla banchina del porto diLe Havre o di Marsiglia. E una mattina d'inverno nebbiosa e triste. Da qualcheminuto è arrivato il pacchebotto d'oltre oceano e si sta procedendo alleoperazioni di sbarco. Una compagnia di gesuiti s'appresta a scendere lascaletta, tutti stretti l'uno all'altro, come per nascondere qualcosa. Ildoganiere li conta, controllando il registro di bordo:
uno... due... tre... Si, sono tutti, non ne manca e non ne cresce nessuno.
Avanti. I gesuiti passano. Nel momento cruciale, proprio sotto gli occhi delcontrollore, s'ode un improvviso glu-glu soffocato.
Che è? Chi è stato? Il doganiere guarda il gruppo con aria sospettosa. Nonconosce ancora il tacchino, non sa che quello è il suo verso. Crede si trattid'uno sberleffo. Fissa severo i religiosi, che passano seri, un poco pallidi.
L'hanno scampata bella. Ma tutto è bene quel che finisce bene. Orafortunatamente il pericolo è passato, il tacchino è in Francia, cioè inEuropa, e comincia per lui la sua seconda vita: la fulgida era in cui verràsempre più onorato nell'intiero vecchio mondo, oltre che nel nuovo, a Natale ea Capodanno.
Certo, dovett'esserci anche un che di gesuitesco, nell'introduzione. Forse essaavvenne mercè qualche sottile accorgimento. Forse si finse d'introdurre altro,magari un semplice gallinaccio, un cappone. Forse si spacciò il tacchinoper un grosso colombo. O per una delle aquile romane, di ritorno.
Ma qui mi viene il dubbio che l'eroe della nostra storia sia stato introdottoarrosto. In questo caso ci sarebbe tutto da rifare, circa le scene
immaginate. Come riuscirono a passare, i gesuiti, con la teglia calda e il suoprofumato contenuto? E dove e come avevano cucinato l'animale, non prima vistoda altri?
Interrogativi che attendono risposta. Ma l'essenziale è che ora esso c'è e ciresterà.
E non rimane che fargli quella festa che merita.