25.1.12

HO LA FEBBRE IN TUTTO IL CORPO...


Domenica 19 agosto 1928
Mia amica. Ho la febbre in tuttoil corpo. Il tuo contatto mi ha riempito di tutte le dolcezze. Mai come inquesti lunghissimi giorni, ho tanto centellinato i sorsi della vita. Primavivevo le ore tranquille di Tantalo ed ora, oggi, l'oggi eterno che ci hauniti, vivo, senza saziarmi, tutti i sentiti armoniosi dell'amore tanto cari aShelley ed alla George Sand. Ti dissi - in quell'amplesso espansivo - quantotempo ti amavo, ma vorrei dirti anche quanto ti amerò, perché il pane dellamente che sa materializzare tutte le idealità elette dell'esistenza umana, cisarà la guida più esperì a ,pieno di tante abilità, risolutrice di tutti iproblemi nostri, che - e te lo dico con tutta la sincerità di un amico, di unamante di un compagno il nostro unisono bene sarà bello e lungo, godente epieno di tutti i sentimenti, grande e sconfinatamente eterno. Quando ti parlodi eternità - tutto ciò che il cuore ha voluto ed amato è eterno - voglioalludere all'eternità dell'amore. L'amore mai muore. L'amore che ha germogliatolontano dal vizio e dal pregiudizio, è puro e nella sua purezza non si puòcontaminare e l'incontaminato è dell'eternità. Vorrei potermi esprimere semprenel tuo idioma (Fina gli scriveva sempre in Castigliano, n.d.r.) per cantartiogni attimo del tempo la dolce canzone dell'anima mia, farti comprendere ipalpiti che percuote fortemente il cuore, le delicate figurazioni del pensieromio che di te invaghitesi non potrà mai dare il "finis" della suaelegia. Ma d'altra parte - io che credo che il mio amore è da tecontraccambiato con tutta la possanza della tua gioventù ancora in bocciolo,l'ho letto tante volte sulle tue nere pupille - mi contento nel sapere che percomprendere queste linee debbono essere rilette più di una volta da te. Tu nonavrai tempo di scrivermi. Tu devi ancora dedicarti allo studio. Baciami come ioti bacio. Rendimi duplicato il mio bene che ti voglio. Sappi che ti pensosempre, sempre, sempre. Sei l'angelo celestiale che mi accompagna in tutte leore tristi e liete di questa mia vita refrattaria e ribelle. Con te, ora esempre.
Tuo Severino

Severino è Severino di Giovanni,e la lettera è indirizzata ad America Josefina Scarfò detta "Fina",italoargentina di origine calabrese (Buenos Aires 1913-26 agosto 2006). Siamo,appunto, nella Argentina degli anni ’20, tra anarchia, terrorismo, amore edimpegno politico. Qui, la figura romantica di Fina diventa un’icona negliambienti anarchici. Sorella di Paulino ed Alejandro Scarfò, anarchici ecompagni di lotta di Severino, si innamora a 15 anni di quest’ultimo, e necondivide le sorti fino alla fucilazione, avvenuta il 1 febbraio 1931. Lastessa sorte tocca il giorno seguente al fratello Paulino. Restata sola, in unmondo assolutamente nemico, continua a mantenere viva la memoria dei suoi cari, ed avuto notizia, negli anni settanta, che la polizia federale argentina è ancorain possesso delle lettere d'amore che Severino  le aveva scritto, intraprende una lunga lottacon la stessa, al fine di ottenerne la restituzione, che finalmente ottienedurante il governo di Carlos Menem.  Fina  intanto si è laureata in lingua e letteraturaitaliana, ha fatto l'editrice per decenni, prendendosi a 86 anni il diplomauniversitario di "traductora publica" dal francese continuando afrequentare, nonostante l’età, l'università di Buenos Aires. Tutto ciò per adempieregiorno per giorno al monito di Severino che prima di morire le ha raccomandato"Continua a studiare!".
La storia d’amore è stata raccontatada Maria Luisa Magagnoli nel romanzo biografico “Uncaffè molto dolce” [Bollati Boringhieri, 1996]. Il racconto ripercorre letappe della storia d'amore e d'anarchia che nel tempo si è diffusa e propagataa macchia d'olio dall'America Latina in tutto il mondo. L'insegnante DiGiovanni è emigrato da Chieti in Argentina con la moglie Teresa e trefigli, approdando per caso nell'abitazione della famiglia Scarfò, d'originecalabrese - la madre Caterina Romano originaria di Tropea e il padre PietroScarfò di Portigliola - la quale offre ai Di Giovanni, in affitto, parte deipropri locali. Dalla convivenza tra le due famiglie nasce l'amore tra ilgiovane e la quindicenne Josefina America. Le lettere che Severino di tanto intanto fa recapitare alla ragazza contengono parole sublimi di ardore e passioneche però danno un tono sempre rispettoso alla relazione tra i due, incontraddizione con il modus operandi dell'anarchico che predilige, in nomedella sua libertà, le scorribande terroristiche cittadine dispensando dinamitee pallottole in decine e decine di attentati sanguinari. Per potere stareassieme a Severino, e quindi lontano dai suoi, America sposa, d'accordo conl'amante, un certo Silvio Astolfi che dopo la morte di Di Giovanni abbandona,troncando i rapporti con la propria famiglia.
"Come stanno lebegonie?" è il primo punto di domanda che Severino rivolge ad America perrompere il ghiaccio di quella che sarà la loro relazione sentimentale. E' lafrase che col tempo è divenuta "cult" tra i giovani [e meno giovani] argentiniper auspicarsi che l'inizio dell'approccio amoroso vada verso il buon esitosperato. Da tempo è adottata nello scambio degli auguri in occasione dellaFesta di San Valentino. [Per la cronaca, la risposta di Fina è stata "Sonotriste!"].
Arrestato e condannato a morte, aSeverino viene concesso di salutare Fina, anch’essa detenuta, primadell'esecuzione. Lei lo abbraccia, lui la bacia. Le chiede di badare aifigli che egli ha avuto con Teresa, sua moglie. America gli risponde: "Iltuo ricordo mi rimarrà fino alla morte". Lui la guarda con gli occhi pienidi lacrime e le dice:"Oh, Fina, tu sei così giovane!Devi continuare astudiare". Si baciano di nuovo. Fina esce, continua a guardarlo, perquesto inciampa in una grata e Severino le dice: "Stai attenta!".
I principali giornalisti diBuenos Aires assistono alla fucilazione. La miglior cronaca è quella di RobertoArlt che non aggiunge alcun commento da parte sua, si limita a descrivere quel “teatroirrazionale della forza bruta contro le idee. La scarica terminò con il piùbello tra i presenti", come conclude il suo articolo per  il Buenos Aires Herald.
Il giorno seguente cade anchePaulino Scarfò dinanzi al plotone di fucilazione. Sia Severino che Paulino,prima d’esser fucilati, sono stati barbaramente torturati dalla polizia diUriburu. Ma essi non fanno  il nome dinessun compagno. L’ultimo incontro tra Fina ed il fratello è brevissimo. Leinon riesce a dissimulare il proprio dolore nel vedere il suo volto gonfio. Luila trattiene: "Non piangere". Poi, con molto affetto, aggiunge:"Povera ragazza". Le bacia una guancia. Lei lo bacia con forza e glichiede: "Non vuoi vedere la mamma?".  Lui risponde: "No, non vedi comesto?". Gli si vedono tutti i segni delle torture. Poi aggiunge: “Stodesiderando che tutto questo termini una volta per tutte". La bacia. Finalo riabbraccia, si guardano negli occhi, ma non piange. L’agente di custodia  sollecita [possiamo immaginare con qualegarbo]  di farla finita. Fina se ne va,il passo deciso. Sia Severino che Paulino, di fronte all’ordine di far fuoco,  gridano con tutto l’ultimo fiato: "Vival’anarchia!". Accade nel penitenziario di Buenos Aires, e le scariche sonotalmente intense ed accanite da essere udite fino nei giardini del quartiere Palermo.  Nell’arco di 48 ore alla adolescente Fina hanno strappato due suoi grandi affetti. Resta sola, in unmondo assolutamente nemico. Ma combattiva, decisa, pugnace.
Ed innamorata di vita e di amore.

"Carissima, più che con lapenna, il testamento ideale m’è scaturito oggi dal cuore, quando ho parlato conte: le mie cose, i miei ideali. Bacia mio figlio, le mie figlie. Sii felice.Addio, unica dolcezza della mia povera vita. Ti bacio molto. Pensami sempre.
Il tuo Severino".

20.1.12

33 1/3




Una domenica come le altre,pranzo a casa della suocera, io e mio cognato seduti accanto a chiacchierare diqualunque cosa sia attaccabile ad una presa elettrica o ad un cavo di rete;  in fin dei conti siamo reciprocamente lenostre isole di conversazione, sull’argomento.
Tv accesa, ovviamente su Raiunodato che per mia suocera le tv sono o quella o Banale5. Ad un certo punto,deflagra sulle conversazioni (da un lato noi a ragionare su router&firewall,dall’altra parte le signore a raccontare di disgrazie e malanni) uno spot.  Quello dell’ultimo modello di Jeep. Colonnasonora: un indimenticabile giro di basso, cui segue una apertura di chitarreelettriche, spot che termina proprio nel momento in cui nel disco irrompono levoci. Cavolo, i Fleetwood Mac, questa è “The chain”, sta su “Rumours”.
Vola la memoria a quell’estatedel ’77, Sandy  -l’amica americana- chearriva dagli States con questo album in vetta alle chart. Grande, la miacuriosità: per me i FM (Fleetwood, McVie, Green, Spencer) erano stati un gruppoinglese di onesti artigiani con ascendenze rock-blues , sulla scia di gruppi comepotevano essere i Cream et similia. Poi Peter Green se n’era andato e, dasolista, con “The end of the game”, aveva fatto le coccole agli orfani di JimiHendrix.  
Trasferitisi nella solatìaCalifornia, con l’ arrivo di Christine Perfect, coniugata McVie, e degli “indigeni”Buckingham e Nicks, era avvenuta la fusione in un unico calderone delle radiciblues del gruppo con il soft rock molto “on the radio” tipico della SanFrancisco di quegli anni.
Quindi “Rumours" (Pettegolezzi:e mai titolo fu più azzeccato, dato che durante la lavorazione dell’album tratradimenti, separazioni, riconciliazioni, scazzottate, gelosie, ripicche equant’altro era successo davvero di tutto, peggio che in un film di Cassavetes):un esito commerciale incredibile, se è vero che l’album è tuttora il secondo piùvenduto di sempre, dopo “Thriller” di Michael Jackson. Uno dei dischi inassoluto più “suonabili”: qualità delle registrazioni elevatissima, classicodisco da farci bella figura anche con impianti stereo modesti  -all’epoca ci si teneva moltissimo, vienequasi da sorridere, a pensarci nell’era degli mp3.
Beninteso, non è un capolavoro assoluto, anzi: ma ha un suofascino tuttora irresistibile. "A soap opera in vinyl" lo definì lostesso Buckingham, all’epoca “piacione” del gruppo: bastò infatti vedere lefoto sull’album  per eleggere StevieNicks a Regina dei Sogni, e l’eleganza molto “macho” dell’ipertricotico Lindsey a far sognare fiumi di ragazze [miaamica Sandy compresa].
L’album originale apre con "Second Hand News" , deliziosofrutto del mix di cui parlavo sopra. Ma è subito immersione con quello che saràil singolo dal successo stratosferico,  "Dreams",dove la voce nasale e vagamente eterea di Nicks ben si sposa con la forza dellasezione ritmica sincopata. 

Never Going Back Again”, countrypizzicato e cori che più californiani di così non si può, fa da rampa di lancioper  “Don’t stop”,  a firma di Christine (ancora per poco) McVie,  talmente popolare che diventerà l’inno, neglianni a seguire, per la campagna elettorale di un certo Bill Clinton…..
Go Your Own Way” è una dichiarazione disimil-odio, sotto forma di rock melodico, da parte dell’Ipertricotico verso lacompagna Nicks, sospettata di una tresca sentimentale all’interno del gruppo.  Voce e piano (di Christine McVie) nelladelicatissima "Songbird", primadi volare con “The chain”. Firmatadall’intero gruppo, potrebbe anche essere, oltra che colonna sonora dello spot,una delle canzoni-manifesto della musica californiana anni ’70, ricca disuggestioni e richiami, impasti melodici e vocali, forse il pezzo migliore dell’album,almeno nel mio sindacabilissimo giudizio. Finale dell’album al femminile edalternato: “You Make Loving Fun” (C. McVie)  che rimanda un po’ al rock degli inizi, mapermeato delle nuove sonorità californiane; “I Don't Want to Know”, firmato Nicks, che sembra larisposta appunto ai pettegolezzi, ma musicalmente è neutrale; l’accorata “OhDaddy”, omaggio firmato Christinead un padre che non sappiamo se inteso realmente in senso genealogico, o seriferita ad uno spacciatore conosciuto nel giro, o se siamo agli epigoni di unPapi, nel senso conosciuto al giorno d’oggi nelle nostre cronache. Chiude l’album“Gold Dust Woman”: sempre firmato Nicks, con un tono anchevagamente antipatico nella voce, come se alla bambolina avessero pestato ipiedini. O forse erano davvero solo chiacchiere, o, appunto “Rumours”.

Alla fine, non è proprio unodei dischi che mi porterei nella classica isola deserta: diciamo però che se siha voglia di un sottofondo non monocorde o di qualcosa da canticchiarci soprain macchina, ha tuttora una sua valenza. Milioni di mosche persone chelo hanno comprato non possono essersi sbagliate……….



12.1.12

Morte di un connesso viaggiatore


[e il naufragar è dolce in questovirtualmare]


Che poi unocon internet si fa una cultura.
Ad esempio,sei una ragazza e vivi in una centrale nucleare? Metti a riposo il tailleur,indossa un bikini sgargiante e concediti un paio di autoscatti: parteciperai alconcorso Miss Atom. Se non ti senti così scissa, in Baviera potrai sempretrovare al "Brain Sciences" di Monaco qualcuno che ti legge nel cervello primaancora che le tue sinapsi si coniughino in azioni. Se la materia grigia non èil tuo punto forte, c’è sempre la vista. Un paio d’ore al giorno davanti aivideogiochi per un mese migliora del 20% la capacità di identificare al volo lelettere di un test oculistico, parola dei ricercatori di Rochester, Usa. Eaddio all’antico rimedio delle carote. Il nobile ortaggio è ormai appannaggiodelle mucche del Jersey: un allevatore assicura che, da quando ne sono diventateghiotte, le sue producono un gustoso latte rosa.

Sono alcunedelle chicche che vengono tranquillamente spacciate per notizie sul web. Ladecenza poi non permette di approfondire temi importanti quali il doppiovibratore collegato all’iPod, quanto fosse cessa Cleopatra [come da ricostruzioneda cameo di 2000 anni fa], o l’hostess che si ricicla sex bomb per sedurre adalta quota…
È dura lavita del connesso viaggiatore, peggio del naufrago di Thomas Eliot. Correntisottomarine di silicio gli spolpano i neuroni in sussurri, mentre affiora eaffonda tra un sito e l’altro entra nei gorghi di bit, fino al flutto profondodel mare telematico, che tutto assorbe e debella.
Ne esce madidoquando alza la testa dallo schermo, sputa un giga di fiotto d’acqua e guardaattorno. Finalmente è tornato alla realtà. A quel mondo fatto di uomini e donnein carne e ossa, di aria e micropolveri, di traffico e di parcheggi, biciclettee ciclabili. Scontrini mai dati, code in tangenziale, benzina millesimata,  lavoratori e lavoratori in nero. Caste varieed assortite che vengono difese da sindacati, partiti e istituzioni (ormai la stessacosa, a giudicare dai componenti che migrano da una parte all’altra) che, comenello Stato di Don Raffaè, si costernano, s’indignano, s’impegnano poi gettanla spugna con gran dignità.
Trovi tuttoquello che cerchi, nella realtà di internet. Un passatempo per tutte le età.C’è la scuola, i bambini, la ricreazione, le botte al professore. Ci sono glistreet bar, gli aperitivi e le donne tiratissime, per farti vedere quant’eranobelle 20 anni prima. Ci sono i bar e i centri sociali. La tua amicizia conCharlize Teron come quella con Bruce Springsteen. È tutto a portata di mano.Basta riaccendere il computer, aprire il browser, cliccare un segnalibro ed ilnostro naufrago riprende la sua zattera, la spinge lontano dalla riva e tornain mare aperto. Sognando Miss Atom, ma sperando che in Baviera non prevenganoquello che vorrebbe fare con Miss Atom; giocando coi videogiochi per vederelontano, possibilmente non con uno di quelli dove debba ammazzare delle mucche.O spingersi fino a riva, per riuscire a sbirciare se davvero quel latte è rosa,e lassù in alto, per verificare se quell’hostess vale una trasvolata in primaclasse.
In fondo,come nell’opera di Miller, “unviaggiatore deve sognare. I sogni sono i ferri del mestiere”.

4.1.12

Per rendersi conto che una strada è errata bisogna prima percorrerla


Un giorno, in un Puerto Escondido qualsiasi, in un certopunto della costa del Messico, sbarca dal suo yacht un giovane americano.
Il giovane viene accolto dalla piccola comunità di pescatoried impiega poche ore per entrare in confidenza con uno di questi; così cominciaa fare qualche domanda.
Oh pescatore”, chiede l’americano, “quanto hai pescato stamattina?
“Mah… poco”, gli risponde il messicano, “giusto quello che serviva alla miafamiglia, più quello che hai mangiato tu, ma il tuo è praticamente saltatosulla barca da sé.”
E perché non hai pescato di più?”,insiste il giovane.
“Ehm… non mi serviva di più”, risponde un po’ stupito il pescatore.
E quando non peschi, nel tempo libero,che fai?
“Beh… faccio la siesta, gioco coi bambini, sto con mia moglie, poi la sera noipescatori ci troviamo tutti là, al bar sulla spiaggia, l’unico che c’è, sai,per qualche birra…”
Senti pescatore, io sono laureato adHarvard e ci ho il Master in Business Administration… questo vuol dire che hodelle ottime idee per te e per il tuo futuro!
“Ah…” risponde il pescatore un pelo insospettito, “e che idee sarebbero?”
Niente guarda, tu devi occupare un po’del tuo tempo libero per pescare un po’ di più, poi il pesce che ti rimane lovendi ai ristoranti, oppure ad un’azienda che poi lo lavora…
“Eh…”, dice il messicano con sguardo stranito, “poi?”
“…poi coi soldi che guadagni dal pescevenduto ti ci compri altre barche per pescare ancora più pesce da rivendere efare ancora più soldi…”, prosegue il giovane businessman, “…con ancora più soldi magari ti apri un tuostabilimento per trattare ed esportare il pesce che peschi e lo fai arrivaresulle tavole di tutto il mondo, bello no?
“Come no”, risponde il pescatore, “ma tutta una roba così grande…, quei soldi…,qui nel paesino, che me ne faccio?”
Ma no, pescatore” lo incalza ildollarista, “ovviamente ti devitrasferire a Città del Messico o a New York, creare una società, assumereamministratori, mantenere le relazioni coi clienti poi, quando ti sarai espansoabbastanza, potrai quotare l’azienda in borsa, vendere le azioni e raggranellaremilioni di dollari. Pensa”, continua il manager ormai in estasifinanziaria, “tra venticinque otrent’anni potresti essere il presidente di una grande holding, vendere pescein tutto il mondo, comprarti ville, auto, terreni.
“Eh… bello… poi?”, chiede il pescatore divertito da tal delirio.
Poi arriverai alla pensione talmentericco che potrai acquistarti una casa in riva al mare e finalmente passare iltempo con tua moglie o a giocare coi tuoi nipoti, riposarti, dormire ed uscirecon gli amici...


Questa semplice storiella chegioca con l’idea contemporanea di lavoro e benessere, in cui per caso mi sonoimbattuto, mi ha ricollegato al [leggibilissimo] libro di Paul Watzlawick cheho appena terminato: “Di Bene In Peggio. Istruzioni per un successo catastrofico” [Feltrinelli]. Quella che il businessmanamericano propone al rilassato pescatore sembra proprio somigliare ad una delleipersoluzioni descritte da Watzlawick, ovvero una di quelle soluzionidefinitive che, tentando di migliorare una situazione, finiscono coltrasformala in catastrofe. Come spiega lui stesso nell’introduzione: “CaroLettore! Esistono soluzioni per le quali non abbiamo ancora trovato unadenominazione appropriata, e che si potrebbero forse chiamare ipersoluzioni. Il termine definisce unmodo di affrontare i problemi che, pur essendo fondato sulle miglioriintenzioni, finisce sempre con l’avere effetti controproducenti, più o meno nelsignificato espresso dal famoso bon motdei medici: “operazione perfettamente riuscita, paziente deceduto.”