25.8.11

Tempo (ir)reale

Tra le meraviglie del Digitale Terrestre, nella versione per poveracci [cioè quelli che non si lasciano impietosire a versare l’obolo ai canali a pagamento, nonostante gli inviti del buon Amendola figlio che entra in casa con la grazia di chi abbia appena fatto a pezzi con un’ascia un  povero capitone] un discorso a parte lo merita RealTime, che dal nulla è già arrivato ad essere l’ottavo canale in chiaro più seguito d’Italia.
In effetti, quando ci si sfascia in divano e non si ha voglia di pensare, un canale del genere è una manna: programmi brevi, replicati più volte, che fanno non pensare, anzi, in un paio di casi aiutano a digerire pensieri contorti. Ne seguo alcuni [tengo famiglia…] ed il mio orecchiocchio si ricorda di questi:
Paint your life. Una biondina, l’aria complessiva da ciellina, armata di taglierine per il legno, cementite, cazzuola, trapano, rivettatrice, pennelli, ecc.ecc. ristruttura da sola interi appartamenti, rimette a nuovo mobili vetusti, ricicla qualunque cosa le capiti sotto mano, magari puntando uno sguardo accusatorio verso lo spettatore con un implicito “chi di noi non ha in cantina un divano di fine 800, un casco da parrucchiera, un tavolo da geometra, uno scatolone di piastrelle in graniglia?” . L’ho vista trasformare una cassettiera in lavabo, creare un armadio con le cassette da frutta, ricavare da una valigia di cartone, modello muratorino sulla Freccia del Sud negli anni 50, una cuccia per cani [a condizione che siano molto magri, mi sa].
I suoi lavori non sfigurerebbero nell’arredamento di una baracca sulla striscia di Gaza, ma lei è così contenta.
Il Boss delle Torte. Sembra la versione, ambientata in una pasticceria, di un film di Scorsese: abbiamo un pasticcere italoamericano, Buddy, circondato da italoamericani [i suoi colleghi ed amici hanno nomi tipo Frankie, Vinnie, Fonzie, Al, Carlos] che sembrano gangster sotto copertura, proprietario, appunto, di una pasticceria nei sobborghi di New York. Nel suo negozio si sfornano torte dalle dimensioni e forme più incredibili, il cui gusto deve essere comunque discutibile. Però è divertente seguire la preparazione: ogni volta, nel laboratorio, gli animi si riscaldano ed esplodono risse [non solo] verbali tra i vari pasticceri, solitamente sedate dal mitico Buddy, la cui democratica filosofia è "Qui dentro il capo sono io, quindi si fa quello che dico io!".Tra l’altro, nel doppiaggio la voce di Buddy è tremendamente simile a quella di De Niro-Al Capone in “The Untouchables”. A conferma che….
Cerco casa disperatamente / Vendo casa disperatamente. In "Cerco casa" un'agente immobiliare molto milanese   -bella donna, ma che da piccola deve essersi vestita per Carnevale da  Crudelia De Mon, ed ancora non ha smesso il trucco -  gira l'Italia accompagnando dei tizi scandalosamente ricchi alla ricerca della casa dei loro sogni. Mediamente il budget degli acquirenti parte dal milione di euro in su.  Solo una volta ho visto una coppia di sfigatelli, due fidanzatini 25enni che, poveri, avevano a disposizione “solo” 600.000 euro per la loro prima casa. Anziché chieder loro dove spacciassero per avere, così giovani e solo per la casa, una cifra pari ad un trentennio di lavoro delle persone medie, Crudelia li ha apostrofati con un “Beh, il budget è decisamente risicato, è praticamente impossibile trovare una casa che costi così poco” . La versione "Vendo" è molto simile, ma i protagonisti sono appunto i venditori, che propongono appartamenti con qualche difetto più o meno grave (bagni da rifare, parquet malmessi, infiltrazioni, cucine adatte solo per puffi, etc.etc.). Per gli aggiustamenti la De Mon si rivolge ad architetti perennemente in sospeso tra la genialità ed il daltonismo.
Cortesie per gli ospiti. Un trio di personaggi   -uno chef di professione, un esperto di bon ton, ed una interior designer - entrano in una casa in cui si abbuffano come oche da ingrasso, toccano tovaglie ed arredi con una punta schifata, dato che qualunque cosa non sia bianca è “cafonal”, trovano estremamente maleducato il fatto che il portasale&pepe non dialoghi coi quadri alle pareti, ed alla fine segano a metà la gente che li ha ospitati con frasi del tipo: “un consiglio? Non faccia più entrare sua moglie in cucina” o “i mobili della sala sono molto prevedibili”: ci vorrebbe che qualcuno mettesse i sanitari in sala e il letto in cucina, tanto per rendere meno noioso l’arredamento.  Verrebbe voglia di invitarli a casa, ed appena sicuri che tutti e tre sono sullo zerbino, far aprire sotto i loro piedi una voragine. Solo che poi, durante la caduta, lo chef direbbe che gli arbusti sulle pareti sono poco digeribili, l’esperto di bon ton direbbe che è poco educato sotterrare gli ospiti da vivi e la designer direbbe che nella voragine l’illuminazione non è trendy.
Little Miss America. E' un programma terrificante in cui mamme e papà rigorosamente ‘mmericani , tra l’altro nella maggioranza dei casi oggettivamente bruttarelli, costringono le loro bambine, persino ancora in fasce e che "sfilano" in braccio ai genitori, ad atteggiarsi a pornostar, con vestiti assurdi e decisamente succinti, parrucche, trucco esagerato che neppure ai compleanni di Casoria….Ecco, chi ai miei tempi usava il termine “americanata”, troverebbe qui pane per i suoi denti.  
Ma come ti vesti. Alias: come trasformare una ragazza normale, spesso carina o con un fisico perfetto,  e dal guardaroba assolutamente comune,  in una similzoccola pronta a partecipare alle “cene particolarmente eleganti” di una celebre villa brianzola. Lo conducono un tizio, Enzo, che ad occhio fa sembrare il GayPride una vecchia cartolina in biancoenero;   ed una biondina platinata, Carla,  che è tutta un fiorire di alliur, tricò, autluk per serate sciccose, animaliè….Una volta c’era una ragazza che non era affatto grassa, magari un po' tondetta, ma nell'insieme proporzionata: l’hanno trattata come un’ obesa deforme e senza speranze. La tipa si stava mangiando un bombolone al bar, entra Carla, la guarda come se al posto della pasta avesse visto un topo morto, e le urla dietro che “sono troooopppeee calorieeee!!!”. Entrambi, poi, non considerano neppure che una poveracrista esca di casa senza un tacco almeno 12. A loro discolpa, c’è da dire che le vittime della trasformazione sono segnalate da amiche in odore di astinenza sessuale,  o da fidanzati che accusano la propria partner di sciatteria per poter accampare scuse per guardare le altre donne: un bel bestiario.
Cucine da incubo. Il protagonista è un famoso chef inglese, Gordon Ramsay, classico biondino con la faccia da cagacazzo [scusate il francesismo] che cerca di salvare un locale dal fallimento grazie alle sue idee, sia riguardo all’organizzazione che al cibo ed all'arredo stesso dei ristoranti. La prima mazzata è la pulizia, che a quanto pare lascia molto a desiderare, al punto che guardando una puntata mi sono tornati su dei peperoni grigliati che mangiai a Londra nel 1979. In ogni puntata lui arriva con quest’aria da nazistello, scoppiano liti ferocissime tra lui ed i proprietari e/o chef: Ramsey deve aver fatto studi diplomatici con Mourinho e Sgarbi, ma i titolari  non hanno idea di dove stia di casa l’umiltà. Cavolo, gente che sta fallendo miseramente, che prepara piatti al cui confronto i sacchetti per la raccolta differenziata dell’umido del mio condominio sembrano menù a 5 stelle, si permette di alzar la voce con uno dei più Michelinstellati chef del mondo? O sono scemi, o sono ben pagati per sembrarlo.
Però, guai, GUAI!! a chi mi tocca “Cucina con Ale”: una piccola parte della mia sopravvivenza alimentare la devo alle cose che ho imparato a cucinare da lui. Che sarà un po’ “cartone animato vivente”, come dice mia figlia, o uno “chef fighetto” come dico io, ma regala l’illusione che cucinare bene sia facile. Ed a volte, con le dritte giuste, lo è davvero. E senza neppure il bicarbonato…

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